Dalit : tra storia e realtà

Da tempi antichissimi la società indiana è suddivisa in caste, secondo i principi dell’Induismo che ritiene che Dio creò gli uomini traendoli dalle varie parti del suo corpo, generando così le caste:
• Brahmini: custodi della scienza e sacerdoti, originati dalla testa,
• Kshatriya: guerrieri e governanti, originati dalle spalle,
• Vaishya: agricoltori, pastori e commercianti, originati dalla coscia,
• Shudra: servi, originati dai piedi.

Al di fuori di questa gerarchia sociale si trovano i Dalit, appunto i fuoricasta, definiti in passato "intoccabili" poiché considerati indegni e impuri. Toccare una di queste persone era considerato contaminante, sia per la loro origine "non divina" sia perchè svolgevano attività che avevano a che fare con la morte, con la pulizia di escrementi o con altre pratiche "sporche". Addirittura in alcune regioni si riteneva che si dovesse evitare anche semplicemente la loro vista, cosicché gli "intoccabili" quando passavano per strada dovevano gridare per farsi riconoscere, affinché la gente potesse evitarli. Alcuni erano obbligati a portare un campanellino alla caviglia, come testimoniano alcuni scritti dei primi esploratori europei già nel 1500.

La religione Induista, con la teoria della reincarnazione, nel tempo ha contribuito a preservare il sistema delle caste, legittimandolo e rendendolo socialmente accettabile. Nascere in una casta alta significa aver avuto un comportamento virtuoso nella vita precedente, diversamente dal nascere in una casta più bassa. L’appartenenza alla casta è un vincolo stretto che si mantiene per tutta la vita, i matrimoni vengono stabiliti all’interno della stessa casta e così viene garantita la gerarchia sociale.
Il fatto di appartenere per tutta la vita alla stessa casta ha generato uno spirito ambivalente in India. Infatti non avere la possibilità di migliorarsi per molti significa accettare il proprio destino e non avere stimoli per progredire. Allo stesso modo però sapere di dover fare il proprio dovere per una ricompensa in una vita futura significa anche cercare di adempiere nel presente ai propri compiti in maniera eccellente, essere in qualche modo orgogliosi del proprio lavoro.

Dal 1947, anno in cui l’India ha ottenuto l’indipendenza, il termine "Intoccabile" non può essere più usato per legge, al suo posto è comparso il termine Dalit, che significa più o meno “persona svantaggiata”, anche in India piacciono i giochi di parole... In realtà, soprattutto nelle aree rurali del Paese, i Dalit sono ancora vittime di abusi ed emarginazione: il principio dell'intoccabilità, frutto di antichissime convinzioni religiose e sociali, in una società ancora oggi rigidamente suddivisa in caste, è difficili da eradicare.
Anzi, la crescita di consapevolezza dei propri diritti e un miglioramento delle condizioni di vita di molti Dalit ha sollecitato le rivendicazioni di altre porzioni della società hindu, provocando scontri e sanguinosi incidenti. Inoltre, le misure legislative promosse dal Governo Indiano per sanare le disuguaglianze sociali ereditate dal sistema castale hanno avuto l'effetto perverso di rendere ancora più evidenti gli "intoccabili" (dalit), esponendoli paradossalmente ancor di più a pesanti rivendicazioni ed abusi. Specialmente nei villaggi, le discriminazioni sono ancora presenti e si verificano omicidi e crimini d'odio contro i dalit, soprattutto verso coloro che cercano di contrastare il sistema delle caste o non lo rispettano.

La mancanza di istruzione, la povertà, la rassegnazione nonché la discriminazione nelle mansioni lavorative e dei salari mantengono tutt'oggi questo pesante giogo sui Dalit. Si stima inoltre che in India 40 milioni di persone, di cui almeno 15 milioni di bambini, vengano sfruttate e ridotte in stato di schiavitù, per ripagare debiti che, a causa degli alti interessi applicati e dei salari incredibilmente bassi, per i dalit è praticamente impossibile ripagare. Lo stato di schiavitù, causato dai debiti impossibili da estinguere, si trasmette così di generazione in generazione.
L'intoccabilità, che purtroppo si manifesta tuttora in molti aspetti della vita quotidiana con gravissime discriminazioni ed abusi, oltre a rappresentare una violazione dei diritti fondamentali dell'uomo, costituisce un ostacolo imponente allo sviluppo ed alla realizzazione di una società veramente democratica.

Ancora oggi in alcune aree, soprattutto nei villaggi rurali del sud dell'India, i Dalit devono vivere isolati dal resto della comunità, perché possono rendere impuro un membro di un’altra casta anche solo sfiorandolo con lo sguardo, non possono utilizzare strade e fontane pubbliche, entrare nei negozi frequentati da caste alte, leggere e studiare i Veda (testi sacri). Le loro “case” si trovano al di fuori del villaggio in aree destinate esclusivamente ai Dalit, qui vivono in condizioni di estrema povertà in abitazioni fatiscenti costruite da rami e foglie, prive di acqua, illuminazione e servizi igienici. Anche i bambini fin da piccoli subiscono le stesse discriminazioni, anche a scuola sono costretti a sedere in fondo alla classe, mangiano il loro povero pasto separatamente e non possono giocare con gli altri bambini.

In India in media ogni giorno ci sono più o meno 100 soprusi a carico dei Dalit, uno ogni quarto d’ora. Si tratta di omicidi, stupri e violenze di ogni genere, che in gran parte rimangono impuniti. Molti di questi crimini non vengono nemmeno denunciati per totale sfiducia nelle istituzioni.
Si calcola che i Dalit siano oggi circa 250 milioni, intorno al 20% di una popolazione complessiva che in India sfonda la soglia del miliardo e 300 milioni.